Segreti in tavola
E’ difficile poter parlare in modo univoco della cucina indiana, troppe variabili cambiano i piatti in tavola: l’estrema varietà di ambienti, le aree climatiche, i precetti alimentari religiosi adottati dalle numerose comunità (sikh, mussulmani, buddhisti, cristiani, jainisti, induisti).
Ma in Occidente si sono diffuse solo alcune scuole, che sono quelle tipiche delle cucine del nord, una sintesi delle tradizioni del Punjabi e del Kashmir, molto influenzate dalle contaminazioni persiane (parsi) e dalle invasioni islamiche subite sotto la dinastia Moghul (Mughlai cuisine).
Cominciamo col dire che la cucina indiana è senza dubbio la più speziata del mondo: l’India è la terra d’origine del pepe, della cannella e del cardamomo, ma anche di chiodi di garofano, noce moscata, macis, zenzero, curcuma e cumino. Mentre vi svelo un segreto il peperoncino, abbondante soprattutto nei piccantissimi piatti dell’area meridionale, è comparsa in India soltanto nel secolo XVI.
Il babur chi, ovvero lo chef indiano, è maestro dell’arte di miscelare e dosare le spezie (masala) nei suoi piatti, non solo per ottenere quella tipicità del gusto ma anche per sfruttare al meglio le virtù dei « principi attivi » contenuti da erbe, rizomi e spezie, così come insegna la scienza ayurvedica.
Tantissime sono le ricette, ma in quasi tutte si usano da cinque a venti spezie diverse, e già nel Rinascimento si arrivavano a contare circa 300 aromi diversi. Fondamentale poi padroneggiare le tecniche di marinatura per insaporire e intenerire le carni, cotte nel tandoor, particolare forno verticale in terracotta a forma di otre.
Sulla tavola non mancano mai una serie di salsine: rinfrescanti a base di yogurt o latte di cocco e spezie; piccanti a base di verdure e frutta tropicale (chatny, achar, pickles), servite con piadine croccanti di farina di ceci (pappadam).
In generale valgono i precetti alimentari coranici e induisti, con la messa al bando della carne di maiale e di manzo, a vantaggio della carne di pollo e agnello, l’utilizzo di alcune tecniche particolari, come la marinatura delle carni in una miscela di yogurt e spezie preliminare alla cottura alla brace (seekh kebab). Circa l’ottanta per cento della popolazione indiana segua un regime alimentare vegetariano con il consumo di molto riso (chaaval) legumi (dhal) e verdure esotiche (bitter melon, okra, drumstick, luffa).
Una cucina affascinante e salutare che conquista sempre più consensi, anche a Roma. Quali sono i piatti di questa cucina che più sono apprezzati dai romani? Ci corre in aiuto Deliveroo, la app che consente di gustare comodamente a domicilio i piatti dei propri ristoranti preferiti, che ha rilevato quali tra le specialità indiane vanno per la maggiore nella Capitale. Secondo le evidenze registrare da Deliveroo emerge come sono alcuni dei piatti più simbolici di questa tradizione gastronomica come il Chicken Tikka Masala, Il Samosa, il Dal Tadka o il Saffron Pulao ad essere in cima alle preferenze.
(Se l’hai perso leggi e ascolta l’approfondimento Segreti in tavola dedicato alla cucina cinese)