Segreti in tavola
Campagna Amica: il Raviggiolo di Toscana
Può un latticino avere una storia secolare? Ebbene un esempio lo ritroviamo nel Raviggiolo a latte crudo. Questo raro latticino, prodotto in alcune vallate dell’Appennino romagnolo con latte vaccino crudo e caglio, senza rompere la cagliata, ma solo scolando la massa e salandola in superficie, ha effettivamente secoli di storia. La prima testimonianza è del Rinascimento e precisamente porta la data del 1515: in quell’anno il Magistrato Comunitativo della terra di Bibbiena portò in dono a papa Leone X raviggioli presentati in un canestro e ricoperti di felci. Pellegrino Artusi, ne La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, indica il “cacio raviggiolo” come ingrediente per i cappelletti all’uso di Romagna.
È un formaggio di consistenza leggermente burrosa, a pasta bianca, tenera, dal sapore molto delicato, quasi dolce. Ha una forma circolare di circa 20, 25 centimetri di diametro e uno scalzo variabile fra i due e i quattro centimetri. Solitamente si presenta adagiato su rametti di felce maschio.
Il Raviggiolo fonda tutta la sua qualità organolettica e la sua specificità sulla freschezza e sulle note lattee e nocciolate che sprigiona in bocca.
È talmente dolce, invitante, fresco che può essere consumato anche come fuori pasto, magari a colazione o come spuntino pomeridiano. E queste caratteristiche impongono di non coprirne la degustazione con abbinamenti invasivi. Va trattato come un fiore delicato da degustare con attenzione, rispettandone le preziose caratteristiche organolettiche.